martedì 26 aprile 2011

King Crimson - In the Court of the Crimson King (1969)


Ci sono dei dischi che continuano a far sentire la loro influenza anche dopo decine di anni passati dalla loro pubblicazione, e inevitabilmente “In The Court Of The Crimson King” dei King Crimson è uno di questi.
La sua influenza nel mondo della musica mondiale è stata, ed è, talmente enorme che ancora oggi diversi gruppi e artisti guardano a questo disco come ad un esempio da seguire.
I King Crimson nascono dalle ceneri dei Giles, Giles & Fripp, precedente gruppo del futuro leader del Re Cremisi, il chitarrista Robert Fripp.
Dopo un primo disco al di sotto delle loro aspettative commerciali i Giles, Giles & Fripp si sciolgono ma Fripp decide di continuare e con un cambio di formazione (nonché di nome della band) recluta Ian McDonald ai fiati (non solo sassofono e flauto traverso, ma anche clarinetto e fagotto) e tastiere, al quale presto si aggiungono Greg Lake (in sostituzione di Peter Giles), basso elettrico, chitarra folk e voce e Peter Sinfield ai testi e tecnico da palco, a questi va aggiunto Michael Giles alla batteria e percussioni.
La formazione trovata una sua stabilità, si crea un nome nell’ambiente musicale suonando una musica molto diversa da quella dei gruppi contemporanei, e questo si nota soprattutto nel loro lp di debutto: “In The Court Of The Crimson King“.



Il disco mischia sapientemente atmosfere sognanti e passaggi molto più rock, il tutto abbinato a una ricerca del suono innovativa e dai testi fiabeschi di Sinfield.
Il pezzo che apre il disco è “21st Century Schizoid Man“, che si fa notare per la voce notevolmente distorta di Lake e per i vari assoli e virtuosismi di Fripp e McDonald; interessante prestare attenzione anche il testo, riguardante l’alienazione dell’uomo moderno.
Questo è uno dei pezzi più famosi dei King Crimson e uno dei più conosciuti di sempre nel campo Progressive Rock (la prog rock band italiana P.F.M. è solita aprire i concerti con una cover di questo brano).
Il secondo pezzo è “I Talk to the Wind“, una ballata che non potrebbe essere più diversa dalla canzone precedente sia per l’atmosfera creata dal flauto, che domina tutto il pezzo, sia per il cantato che, anche grazie al non uso della distorsione, si pone in antitesi a “21st Century Schizoid Man“.
Si passa poi a “Epitaph“, brano da 8 minuti che si fa notare per l’uso sinfonico del mellotron (strumento che, anche grazie a questo disco, diventerà popolarissimo in quel periodo) che crea una particolare atmosfera che rimanda in alcuni punti ai Pink Floyd.
Da notare anche la sezione ritmica impeccabile che accompagna senza eccedere la melodia, il cantato di Lake che ben si inserisce nel brano e il lavoro chitarristico di Fripp mai banale ma sempre bellissimo.
Gli ultimi due brani sono forse i migliori di questo disco, “Moonchild” e “The Court of the Crimson King”.
Il primo è il pezzo più lungo del disco, oltre 12 minuti, in cui si viene cullati dalla splendida melodia vocale di Lake, dal mellotron e dai delicati arpeggi di chitarra.
Il brano, dopo una prima parte cantata, sembra svanire per una parte centrale molto atmosferica e suggestiva; qui forse si nota l’eccessiva lunghezza del pezzo, anche se rimane comunque uno dei gioielli del rock degli anni ’70.
L’ultimo pezzo, “The Court of the Crimson King”, è un capolavoro sinfonico in cui il mellotron e la sezione ritmica si amalgano perfettamente con il lavoro chitarristico di Fripp, chiudendo in bellezza un lp epocale.

“In The Court Of The Crimson King” è letteralmente un capolavoro e dalla sua uscita ha influenzato moltissimi gruppi, sia in Inghilterra (Genesis) sia in Italia( PFM).
Dopo questo disco McDonald( autore delle musiche di “The Court Of The Crimson King”, “I Talk to the Wind” e coautore del resto delle canzoni con Fripp), Lake e Giles abbandoneranno il gruppo per seguire altre strade( Lake entrerà a far parte del famosissimo gruppo degli Emerson, Lake and Palmer) e Fripp dovrà trovare nuovi sostituti per continuare l’opera iniziata con “In The Court Of The Crimson King”, ma questa è un’altra storia.

Nessun commento:

Posta un commento