Concerto grosso è un termine che indica una forma musicale ampiamente utilizzata nel XVII secolo da parte di innumerevoli compositore, soprattutto sul versante italiano (Corelli su tutti).
La struttura è decisamente particolare in quanto l'orchestra è divisa in due organici: quello principale, che comprende la maggior parte dei musicisti, si contrappone al cosiddetto "concertino", cioè un gruppo di solisti che dialoga e si alterna nell'esposizione dei diversi temi con il primo.La differenza principale con il concerto solista (altra forma musicale utilizzata all'epoca, sopravvissuta poi anche nei secoli successivi) sta proprio nel fatto che nel concerto grosso i solisti sono più di uno, e spesso lavorano come organismo autonomo.
A comporre il "concertino" spesso figuravano non più di 3 o 4 strumenti più basso continuo, eseguito solitamente con il clavicembalo o meno di frequente con un arciliuto, o una tiorba.
L'effetto desiderato era quello di dare l'idea di dialogo vero e proprio tra le due parti dell'orchestra, senza dimenticare il reciproco scambio di idee tematiche e ritmiche.
Puo' sembrare quindi un po' ambizioso chiamare un album con il nome di "Concerto grosso"; in realtà la struttura dell'album richiama decisamente quella del concerto grosso, per non parlare poi del fatto che gli strumenti della band si comportano spesso come un vero e proprio concertino seicentesco.
I New Trolls registrano nel 1971 questo album, ideato dal direttore d'orchestra argentino Luis Enriquez Bacalov, accompagnati dall'orchestra diretta dallo stesso compositore: il risultato è stupefacente.
I New Trolls sono alla loro terza uscita discografica, e si lanciano sul panorama (dove si inizia a parlare di un certo prog di stampo italiano) con un progetto ambizioso, forse anche un po' rischioso.
L'album è composto da quattro tracce, in rimando ai tipici quattro movimenti della forma del concerto grosso (e non solo, ma anche del concerto solista e di quello di gruppo prima e della sonata poi) con tanto di titoli quali "Allegro" o "Andante con moto".
A rispecchiare di più la fusione tra il mondo classico e quello rock è la prima traccia, un vero e proprio esercizio di stile compositivo: l'orchestra è perfettamente contrapposta alla band guidata dal flauto di De Scalzi, dando l'impressione del dialogo tra le parti che sta alla base della forma del concerto grosso.
Il quarto "movimento" dell'opera è esplicitamente dedicato a Jimi Hendrix: il grande chitarrista era infatti scomparso l'anno precedente; il brano cerca anche di inserire nello stile tipico della band italiana quello che Hendrix aveva portato all'interno del rock, ovvero feeling e energia applicati all'improvvisazione e non solo.
Infatti ci distacchiamo totalmente questa volta dai rimandi seicenteschi per avvicinarci ad un rock lievemente bluesy accompagnato dall'organo di Salvi.
Chiude l'album una quinta traccia, non facente parte dell'opera vera e propria, che consiste in una jam session della band in sala prove della lunghezza di 20 minuti e lasciata rigorosamente intatta.
Qui si possono notare benissimo le singole abilità dei componenti della band: la chitarra graffiante di Nico Di Palo, non per niente chiamato più volte "il piccolo Hendrix italiano", il flauto di De Scalzi e la batteria di Gianni Belleno.
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