Segnalo in questo spazio qualche interessante novità in campo estremo, senza dilungarmi in vere e proprie recensioni.
Tornerò, dal prossimo spazio Extreme metal corner, a occuparmi di album singolarmente o di artisti in maniera monografica.
Il primo album che vorrei segnalare porta il kilometrico titolo di “Ominous Doctrines of the Perpetual Mystical Macrocosm”, dei colombiani (ebbene si!) Inquisition.
La band, per chi non la conoscesse, ha alle spalle un’attività più che ventennale, guadagnandosi un vero e proprio culto dagli appassionati del genere senza mai “sfondare” veramente nel panorama mondiale al pari delle band europee.
Il genere proposto è un black metal davvero particolare e personale, ricco di tempi medi e con poche accelerazioni esasperate; la voce particolare di Dagon (cantante e fondatore) si trova in mezzo al timbro di Abbath di “At the Heart of Winter” e al parlato, che oltre a essere molto “evil” fa anche molto doom.
I brani sono tutti di buon livello, caratterizzati da melodie distorte e accordi dissonanti, oltre che a riff veramente ben suonati.
La produzione è buona, anche se a volte può risultare un po’ ovattata.
Da segnalare l’opener “Astral Path to Supreme Majesties”, il brano più estremo dell’album insieme a “Cosmic Invocation Rites”, che con il suo cantato veloce e praticamente senza spessore melodico non può non ricordare (come già detto) i momenti migliori degli Immortal.
Secondo album che vorrei consigliare (anche se non proprio una novità) è l’ultima fatica delle glorie norvegesi del viking metal, gli Helheim.
Nel 2010 sfornano un ep, “Asgards Fall”, che in campo viking (teniamo buono il termine, anche se non mi ha mai convinto più di tanto, ma se serve per capire ben venga) dimostra come la band di Bergen riesca a dominare in maniera (quasi) incontrastata.
Il genere proposto non scade mai nella banalità, nel pacchiano o nel ridicolo, o per essere più generali nell’esagerato, come è accaduto a svariate band (Turisas?); il sound grezzo, solido e arricchito da suoni originali come i corni o una sezione di percussioni ulteriori, donerà vera propria gioia per gli amanti delle sonorità nordiche.
“Aasgards Fall II” vi si stamperà subito in testa, con il risuonare dei corni e il suo incedere sicuro e semplice (sebbene il brano sfiori gli 11 minuti), e la bella chiusura con clean vocals.
Ottimo per chi vuole avvicinarsi al viking senza incappare nel pacchiano e nel ridicolo di alcune band di ultima formazione, per le quali (aimè) il look da “vichingo” conta più della musica e dell’effettiva qualità dei pezzi.
Chiude l’album una nuova versione del noto brano “Jernskogen”, vero e proprio ponte tra il black e il sound viking, che gli appassionati conosceranno già.
Altro consiglio, un po’ anomalo questa volta: “And on and on”, split per i Despise You e gli Agoraphobic Nosebleed.
Hardcore e grindcore, verrebbe da dire quindi; no, c’è di più.
Venticinque tracce di musica estrema, tra grindcore a tutti gli effetti, puro hardcore e incursioni nei territori del thrash e del punk più incazzato.
Le prime 18 tracce (alcune della durata decisamente ridotta, alla Napalm Death insomma) spettano alla furia dei Despise You, tra riff semplici da crust d’annata, ritmi tra il minimalismo grind e il groove del thrash metal.
Con i brani affidati agli Agoraphobic la questione si fa più interessante: “Possession” è una e vera propria scheggia di musica estrema che rimanda ai gruppi di thrash moderno (come i Municipal Waste per intenderci), con tanto di assolo tecnico lanciato a mille.
Dagli Agoraphobic non ci aspettava nemmeno un bel pezzo come “Burlap Sack”, dai ritmi non solo rallentati, ma esasperati; sembra quasi che il metronomo non riesca a procedere, dando la sensazione di ascoltare del fangoso e pestilenziale sludge.
Buon disco per chi proviene dal punk in egual misura a chi è sul versante del metal.
Per quanto riguarda l’ultimo degli Amon Amarth, “Surtur Rising”, non occorre spendere molte parole.
Vi è piaciuto il precedente “Twilight of the Thunder God”?
E ancora il suo predecessore “With Oden on our Side”?
Se rispondete di si, aspettatevi di rimanere un pochino delusi: l’album non è male, anzi, però manca qualcosa, che sia l’incredibile inventiva melodica degli Amon di “TOTTG” o il groove fantastico che si ascoltava in “WOOOS”.
La base è sempre quella, melodic death metal condito dal growl cavernoso del frontman, e i soliti testi che narrano le più svariate situazioni provenienti dalla mitologia norrena.
I buoni pezzi ci sono (l’opener è veramente un inno, forse una delle migliori del gruppo di sempre), ma il tutto non riesce a convincere molto….da loro mi aspettavo molto di più!
Nota: una copertina cosi’ tamarra, al limite del pacchiano, merita un plauso particolare.
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