mercoledì 27 aprile 2011

Premiata Forneria Marconi - La buona novella A.D. 2010 (2010)


Quando nel 1970 Fabrizio De Andrè registra il suo quarto album in studio, “La buona novella”, la band che lo accompagna nelle sintetiche ma efficaci parti strumentali comprende coloro che a breve avrebbero fondato forse la più importante progressive rock band italiana di sempre: la Premiata Forneria Marconi, o più semplicemente, P.F.M.
L’album presentava tematiche decisamente interessanti, soprattutto per il periodo di ideazione dell’opera: i brani de “La buona novella” ruotano attorno a diversi episodi della vita della sacra famiglia dal punto di vista dei Vangeli Apocrifi.


In questa sede voglio segnalare brevemente l’ultima impresa in studio della P.F.M., che non è altro che una perfetta e riuscitissima rielaborazione/reinterpretazione di questo classico del cantautorato italiano, nel quale fornirono il loro prezioso contributo ben quarant’anni prima.
Musicalmente la P.F.M. è sempre stata legata all’opera del cantautore genovese: possiamo ascoltare una testimonianza preziosissima, ovvero il doppio live uscito nel 1979 dove De Andrè viene accompagnato da una matura e già affermata Forneria la quale riarrangia i classici del maestro, nonché i brani tratti dal più recente “Rimini”.



Nel lavoro di cui ci stiamo occupando, dal lato musicale, la band si sposta dalla semplice reinterpretazione, abbastanza fedele, alla versione originale dei brani (è il caso di “Maria nella bottega del falegname”) alla totale libertà nel reinventare la struttura e l’andamento del brano (ne è esempio la finale “Laudate Hominem”).
I pezzi si trasformano in tutti i casi in articolate suite, dove è quasi sempre presente una sezione centrale strumentale dove i giganti del prog italiano si lasciano andare (giustamente) allo sfoggio delle rispettive abilità tecnico strumentali, senza mai dimenticare la melodia o la base “canzone” sulla quale il tutto è posto.
“L’infanzia di Maria” si trasforma in una serrata danza folk verso il finale, mentre “Ave Maria” acquista energia e solidità rispetto alla versione originale; “Il testamento di Tito” rispetta lo storico arrangiamento datato 1979, mentre “Tre madri” si arricchisce di un interessante sound orientaleggiante.
Con “Via della croce” tocchiamo uno degli apici: introduzione recitata, ingresso del riff portante ad opera del mitico Mussida e ritmica in crescendo con alternanza di canto alle strofe, fino ad arrivare al vertice del climax con un solo chitarristico epico accompagnato alla grande dall’organo di Tagliavini (nell’originale l’organo e le tastiere erano suonare da Premoli, vera e propria colonna portante della band fino al 2005).
Questa rivisitazione, reinterpretazione (chiamatela come vi pare!) potrebbe sembrare forse un po’ azzardata, ma dire che è riuscita è poco: la P.F.M. ha centrato in pieno l’obiettivo che si era preposta, ovvero riportare a nuova vita la musica di De Andrè, per la quale Di Cioccio e compagni hanno contribuito in modo fondamentale.

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