domenica 24 aprile 2011

Rainbow - Rising (1976)


Quella di cui voglio parlare oggi è una delle pietre miliari dell’hard rock degli anni ‘70, sebbene non sia considerato da molti all’altezza di altri altrettanto incredibili capolavori musicali: “Rising” dei Rainbow, progetto capitanato dal leggendario Ritchie Blackmore.
Facciamo un passo indietro.
Nel 1974, dopo le registrazioni in studio di “Stormbringer” e il relativo tour mondiale, Blackmore abbandona i Deep Purple (per la prima volta; ricordiamo che chiuderà definitivamente i rapporti con il gruppo solo nel 1993 a causa di problematiche soprattutto con Ian Gillan) a causa di screzi con la maggior parte dei componenti della band.
In quel periodo gli interessi musicali del chitarrista si ampliarono sul fronte della musica rinascimentale e seicentesca, come da lui stesso affermato in più interviste del periodo: Blackmore acquisterà elementi nuovi ed innovativi all’interno del suo fraseggio che cambierà in maniera consistente.
Già dai brani da lui composti si “Stormbringer” si nota la nuova via artistica dello scontroso artista; appena libero dai vincoli dei Deep Purple mette in piedi una nuova formazione, i Ritchie Blackmore’s Rainbow, che nel 1975 registrano in studio l’omonimo album di debutto.
Il sound è senza dubbio innovativo: ci avviamo verso la creazione del sound hard’n’heavy, con riff che si allontanano dal blues e acquistano una certa “epicità”, le prime inserzioni di synth e le tematiche vagamente fantasy tanto care al chitarrista inglese.
L’anno dopo i Rainbow registrano in studio quello che è il loro capolavoro: “Rising”.
La line up è completamente rinnovata, ad esclusione della riconferma di Ronnie James Dio dietro al microfono; alla batteria troviamo Cozy Powell, Jimmy Bain al basso e Tony Carey alle tastiere.




L’album si apre con un grandissimo classico della band, “Tarot Woman”, che profetizza una decina di anni prima quello che sarà il sound delle prime storiche band heavy metal (inteso come metal classico) britanniche.
Grandissima la prova vocale di un non ancora celebratissimo R.J. Dio.
“Starstruck” è forse il brano più classic rock oriented, dove è impossibile non notare l’influenza (come non poteva succedere?) dei Deep Purple nella strofa; resta comunque un grandissimo pezzo.
Altra grandissima canzone è “Do you close you’re eyes” vero e proprio brano hard & heavy, mentre la lunga e più articolata “Stargazers” cattura meno l’attenzione ma rimane comunque molto interessante: un uso delle tastiere che sarà proprio di un certo sound metal della fine degli anni ‘80 (e ‘90...power metal insomma) e un andamento da roccioso mid tempo sono le sue particolarità.
La vera sorpresa, il vero pezzo forte dell’album, è pero’ la conclusiva “A light in the black” che senza dubbio definisco uno dei primi brani heavy metal (il sound dei lavori solisti di Dio deve in grandissima parte alla sua militanza nei Rainbow): la canzone è sorretta da un riff che l’ascoltatore più giovane non esiterà a confrontare con i più noti degli Iron Maiden maturi (da “Powerslave” in poi) o ancora dei Metal Church, e perché no dei Saxon.
“Rising” è quindi un capolavoro definitivo, una album che reinventa il sound hard degli anni ‘70 proiettandolo direttamente nei più heavy anni ‘80; un vero e proprio ponte insomma.
Per quanto riguarda gli album successivi della band consiglierei l’altrettanto fondamentale “Long live Rock’n’roll” (1978) e “Down to earth” (1979) che vede l’entrata del grande Graham Bonnett alla voce.
Per il resto tornerò ad occuparmi dei mitici Rainbow in futuro.

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