martedì 3 maggio 2011

Blue Cheer - Vincebus Eruptum (1968)


Universalmente, i Blue Cheer, sono considerati come coloro che all’interno del rock della fine degli ani ‘60 inserirono una matrice hard, la quale poi rielaborata da gruppi più o meno contemporanei (quali Black Sabbath) defini’ quel gusto vintage alla base di generi quali lo stoner o l’hard & heavy dei primi anni ‘80.

Siamo all’inizio della seconda metà degli anni ‘60.
Da San Francisco, California, provenivano le prime grandi influenze della psichedelia, che attraverso svariate vie arrivavano fino in Europa, dove in Gran Bretagna il gusto della sperimentazione e delle sonorità acide e lisergiche incominciò ad avere un nutrito seguito.
Gruppi come i ben più famosi Jefferson Airplane, guidati dalla front-woman Grace Slick, divennero in brevissimo tempo una vera e propria icona nel campo della psichedelia californiana dopo l’uscita del fondamentale “Surrealistic Pillow” (1967).
La risposta europea comprende i tentativi dei Beatles di compiere una svolta definitiva nel loro sound, dal beat (o dal semplice “skiffle” suonato agli esordi) alle strutture più complesse e libere della nuova sperimentazione; proprio nel 1967 esce infatti “Sgt. Peppers lonely Hearst Club Band”, e ad esso seguiranno altri lavori sempre ispirati da questa nuova forza “mistica”.
Anche i Rolling Stones, decisamente più saldi alle radici del rock’n’roll rispetto ad altri gruppi dello stesso ambito, tentarono (con successo discutibile) di imboccare la strada della psichedelia, dei suoni allucinati e delle immagini surreali e colorate: sempre nel fatidico 1967 esce infatto “Their Satanic Majestic Request”, ottavo (per gli USA, ma sesto in GB) album in studio della formazione inglese.
Già dalla copertina l’intento di rifarsi all’immaginario “fantastico” e fuori dal tempo, fiabesco e maledetto allo stesso tempo tipico del sound psichedelico, è chiaro.
Fortunatamente gli stessi Stones archivieranno questo album come un esperimento non troppo riuscito, e ritornetto al sound di origine con “Beggars Banquet” (1968).






Proprio nel 1968 esce “Vincebus Eruptum”, primo album dei Blue Cheer, formazione californiana che vedeva il leader Dickie Peterson alla voce e al basso, Leigh Stephens alla chitarra e Paul Whaley alla batteria.
Il genere proposto in questo esordio è fondamentalmente un classico blues rock, che però incorporava nel proprio sound alcune interessanti novità: un uso praticamente perenne di una distorsione satura e “pesante“, prima di allora solo sperimentata o ipotizzata, sonorità acide nelle parti soliste e ritmiche fortemente percussive.
Insomma, i Blue Cheer prendono il blues, il rock e lo inseriscono in un contesto di “estremizzazione” sonora di gran parte dei parametri musicali, creando inconsapevolmente l’effetto che sarà perseguito qualche decina di anni dopo con i primi gruppi stoner rock.
Non a caso il brano di apertura è una rivisitazione molto hard di uno dei blues più famosi di sempre, ovvero “Summertime Blues” di Eddie Cochran, mentre il secondo è un ulteriore cover, questa volta di B.B. King, “Rock me Baby”.
La radice blues del gruppo è chiara; anche nei pezzi originali che seguiranno (accreditati al solo Peterson) questo riferimento non verrà perso, sebbene non sia più lampante come nei casi precedenti.
“Doctor Please” ne è la prova: se guardiamo oltre al muro di distorsione, all’acidità dei brevi passaggi solistici, notiamo niente meno che una elementare struttura blues.
Il marchio di fabbrica dei Blue Cheer non necessita quindi di altre spiegazioni: basti ascoltare “Out of Focus” e avremmo un’altra conferma di quanto già detto (ascoltare dal minuto due in poi il solo di chitarra: puramente psichedelico, si risolve in un classico lick di chiusura blues).
“Parchment Farm”, cover di Mose Allison, e “Second Time Around” chiudono l’album proseguendo sulla linea diretta di quanto già detto.
In particolare il secondo brano è caratterizzato da un riff che annulla la struttura blues pur conservandone in qualche modo le sonorità; inoltre la parte finale, da metà circa del brano in poi, non è altro che una serie di divagazioni soliste fortemente psichedeliche, dalla distorsione compressa ai ritmi particolari della batteria.




I Blue Cheer rappresentano quindi i primi tentativi di una svolta hard all’interno del rock; la palla verrà colta al balzo da band quali i Black Sabbath dall’alta parte del mondo, i quali con il supporto di una vera e propria “nuova” scena rock riscriveranno le sorti della musica moderna.

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