martedì 10 maggio 2011

Latte e Miele - Passio Secundum Mattheum (1972)


Di sicuro i Latte e Miele non sono tra i gruppi più celebri nati nei primi anni ‘70, dove una fertilissima scena beat iniziava a trasformarsi gradualmente in qualcosa di più complesso e intrigante.
Abbiamo già parlato più volte di come numerosi gruppi beat (all’epoca denominati semplicemente pop, o band di musica leggera) vengono attratti sempre più dalla voglia e dalla necessità di sperimentare, dal lato tecnico-strumentale e dal lato puramente concettuale.
La canzone beat relegava la tecnica a brevi soli o al semplice accompagnamento; le nuove frontiere vedevano invece applicare alla suddetta forma passaggi strumentali più complessi ed elaborati, che spesso prendevano il sopravvento sulla parte cantata, sul testo e sull’immagine programmatica quindi.
Proprio in questo frangente nacque però l’esigenza di allontanarsi dai temi “popolari” e semplicistici della canzone beat (sia essa canzone d’amore o “impegnata” politicamente), per avvicinarsi a una visione della canzone come forma d’arte, mantenendo sempre un alto grado di importanza strumentale.
Nascono cosi’ i concept album, vero e proprio punto fisso nelle discografie dei grandi gruppi prog rock italiani: il concept permetteva infatti di creare un filo conduttore all’interno dell’album, puntando a creare un tutt’uno, un’opera unica.
Proprio da questa ambizione “classica” il prog si arricchisce ulteriormente, includendo nelle sue strutture la riproposizione dei temi (una sorta di leitmotiv wagneriano) e spesso anche parti recitate o narrate, per non parlare delle vere e proprie citazione alla musica del passato, soprattutto del periodo barocco (come abbiamo già visto nel caso dei New Trolls) o romantico.
Quindi il prog cerca di riportare il rock, la musica popolare per eccellenza (allora), a forma d’arte musicale e concettuale, attraverso alla creazione di opere complesse ed articolate che però non rinnegano la provenienza dal mondo della canzone meno impegnata esteticamente.





Tra questi pionieristici gruppi troviamo i Latte e Miele, formatisi nel 1971 e affermatisi nella scena solo un anno dopo, con l’uscita di questo “Passio Secundum Mattheum”.
La line up storica (e quella che troviamo all’attivo in questo album) comprendeva Oliviero Lacagnina alle tastiere e alla voce, Giancarlo Marcello Della Casa alla chitarra e alla voce (e basso) oltre al batterista Alfio Vitanza.
L’album d’esordio (1972, ma presentato ufficialmente solo l’anno dopo) ruota attorno alla Passione secondo Matteo, tema non di poca importanza e rilevanza: l’opera si vuole presentare proprio come una trasposizione musicale delle ultime ore della vita di Cristo secondo il vangelo di Matteo, con tanto di citazione recitate all’inizio di molti dei brani (o meglio, degli episodi) estratte direttamente dalle Sacre Scritture.
Non possiamo notare un collegamento (più o meno marcato, più che altro sul piano del concetto) con un’altra importantissima opera incentrata sullo stesso tema, la “Matthauspassion” di Bach (BWW 244, 1727) vera e propria pietra miliare all’interno dello smisurato catalogo del compositore di Eisenach.
Complessivamente, i tredici brani che compongono l’album, non presentato eccessiva durata, alcuni volendo essere solo dei brevissimi intermezzi, altri più articolati e progressive a tutti gli effetti: in tutto non superiamo i 40 minuti di durata, minutaggio abbastanza abbordabile per un album di questo genere (pensando anche a quali potevano essere i gusti dell’epoca).
Il viaggio inizia dopo una introduzione solenne e magniloquente al punto giusto, supportata da un coro completo, suoni di campane e rulli di tamburi; dopo circa un minuto entrano gli strumenti della band, con la batteria di Vitanza sugli scudi.
Con “Il giorno degli Azzimi” e “L’Ultima Cena”, entrambi dalla durata contenuta, la scena prende vita, tra introduzioni recitate e melodie semplici e effettivamente legate al contenuto da enunciare.
Molto interessante è “L‘Ultima Cena”, dall’introduzione malinconica e dalla bella prova del coro, che irrompe subito dopo accompagnato dall’organo e dagli altri strumenti della band.
Ci si collega direttamente alla successiva “Getzemani”, vera e propria canzone, abbastanza lontana dalle rive del prog, se non fino all’ingresso dell’organo di Lacagnina, che con chiari rimandi alla scuola classica trasforma il pezzo in qualcosa di ben più interessante.
Si continua con ottime prove come “Il processo”, dove il protagonista assoluto è il coro, vero e proprio punto forte dell’album; oppure con le due parti de “I Testimoni”, che narrano l’inizio della fine di Gesù con pathos e vera e propria efficacia “scenica” (in particolare la parte uno; la seconda è una coda strumentale di importanza relativa).
Tutt’altra atmosfera, rassegnata e malinconica, porta la seguente “Il Pianto”, che a mio parere rimane uno dei brani più belli del disco.




Un riff distorto, una ritmo sincopato e una melodia vagamente dissonante introducono il personaggio di “Giuda”: è questo che intendevo quando parlavo di leitmotiv, di efficacia programmatica e di descrittività della musica; la band sembra essere a proprio agio in questo.
Ulteriore episodio drammatico con “Il Re dei Giudei”, con una bella melodia di synth e un buon assolo di chitarra.
Il coro ritorna protagonista a tutti gli effetti con “Il calvario”, assieme alle divagazioni strumentali dell’organo, tra pura improvvisazione e rigidità formale classica.
Con “Il dono della Vita” e “Mese di Maggio” si chiude alla grande un altrettanto grande album; i Latte e Miele dimostrano come è possibile trasformare la semplice struttura della canzone beat, della musica pop, per riordinarla in qualcosa di più complesso ma interessante.
Album veramente consigliato non solo agli amanti del prog, ma a tutti coloro che sono curiosi di sentire raccontare una storia in musica.

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